Irish, triste chiusura e qualche domanda

La premessa è importante. Di sicuro con la chiusura, consumata nei giorni scorsi e divenuta definitiva ieri, dell’Irish Pub si archivia una pagina storica di questa città. Ricordo che, diciassette anni fa, l’Irish fu la prima esperienza di “pub” nel senso stretto del termine, anche se poi altri locali hanno ricalcato, qualcuno con successo, quella strada. Un punto di riferimento che se ne va e questo non può che regalare tristezza e farci masticare amaro. Non ci sarà più quel cuore pulsante in piazza Gramsci, meta di Guinness nel giorno di San Patrizio, di pranzi invernali ed estivi, di concerti e serate anche a giocare a freccette, nella migliore tradizione dei pub nordeuropei. Quando chiude un locale storico, insomma, non c’è certo da gioire e senz’altro c’è un problema. Di quale tipo sia questo problema, però, dobbiamo provare ad approfondirlo e non dare le colpe, semplicemente, a questo o a quello. Non farci prendere la mano dal mero “va tutto bene”, come troppo spesso fatto in passato, perchè così non è; ma nemmeno l’esatto contrario. Come ho scritto per altri temi (https://eliofanali.wordpress.com/2013/11/28/farsi-delle-domande/), dobbiamo infatti provare a farci delle domande, senza abbandonarsi alle facili demagogie e ai facili populismi, imperanti sui social di questi tempi. Dunque perchè chiude un locale storico? Per tutta una serie di motivi, che forse possono essere racchiusi nella crisi e nell’incapacità, al momento, di reagire a questa. Da parte di un po’ di tutti, politica compresa. “L’Irish Pub dopo 17 anni gloriosi chiude a causa dei costi di struttura elevati: l’affitto, il personale, le tasse, la merce sempre più cara e l’utenza. Questi costi non sono più sostenibili in una città così impoverita di turisti e studenti come non si è mai visto negli ultimi 17 anni”. Questo è l’epitaffio scritto dai proprietari del locale. Sull’ultima frase i riscontri che arrivano dall’Università di Siena e dal Comune di Siena (non da me) sono diversi. L’Università, per bocca del rettore Riccaboni, ha detto che le iscrizioni a Siena sono in controtendenza rispetto al dato nazionale, anche se per l’anno attuale non ci sono ancora cifre certe. Per quanto riguarda i dati dell’afflusso turistico, invece, più volte dal Comune di Siena hanno detto che i numeri “non sono in calo” (cito), anche se c’è da stabilire poi la “qualità” del turismo stesso (ad esempio il famoso “mordi e fuggi”). Evidentemente, però, i riscontri “sul campo” sono altri, come dichiarano i gestori dell'(ormai fu) Irish. Sulle altre questioni sollevate mi pare non ci sia niente da dire. Gli affitti dei fondi a Siena continuano ad essere esorbitanti, basta andare in giro per diverse vie del centro storico: alcuni preferiscono tenere vuoti i fondi commerciali piuttosto che abbassare i prezzi. Il Comune potrebbe provare a fare qualcosa? Non so quali leve abbia in mano l’amministrazione per provare a calmierare la situazione. Poi l’utenza. Di certo in un momento di crisi si spende meno, si esce meno e si va meno a giro per locali. Costo del lavoro (in termini di tasse, non del pagamento dei dipendenti, ovviamente)  e delle merci, poi, sono due fra i tanti problemi che il governo dovrebbe affrontare. Dovrebbe. Intanto, qui si chiude.

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2 risposte a Irish, triste chiusura e qualche domanda

  1. Caro Alessandro, il problema è su due livelli: i costi esorbitanti di affitto di Siena ed il sempre più basso potere di acquisto dei salari. Non sono mai stato un gran frequentatore di locali notturni né della “movida”, anche perché, e non me ne vergogno, non mi posso permettere più di tanto. Eppure appartengo a quella categoria di privilegiati che hanno comunque un lavoro: dipendente pubblico, categoria C1 da quasi 8 anni (neanche uno scatto di anzianità…ma vabbé…), 1100€ mensili. Questo mese, tanto per far un esempio, oltre al consueto mutuo, 260€ se ne sono andate per il tagliando all’auto, 220€ dal dentista, 150€ di TARES …stipendio finito ! E nella mia situazione, anche di peggiori, ce ne sono tanti: come si può pensare che locali destinati soprattutto ai giovani possano andare avanti quando sono proprio i giovani ad essere più in difficoltà nelle spese ? “Figli di papà” esclusi, ovvio…

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