Finisce un capitolo, viva la Gazzetta di Siena

Riflettevo proprio in questi ultimi giorni (o, meglio, tornavo a riflettere) sulle ore che trascorrono e il tempo che passa. E sul fatto che per non trasformare meramente tutto questo in un “pallottoliere” per contare estati e inverni quel tempo lo dobbiamo attraversare, affrontare, vivere. Chiudo qui, oggi.

Non riuscivo a trovare quasi la forza e la volontà di scrivere questo saluto. Io che alle superiori finivo sempre in un’ora i temi. Ho aspettato quasi fino all’ultimo. Ho preso appunti sui pensieri. Il tempo (per l’appunto) è arrivato. Come al solito le due frasi che mi ero segnato sono quasi svanite fra le mie scartoffie e comunque non le avrei quasi sicuramente seguite, come faccio sempre quando mi capita di parlare in pubblico.

E’ stata una splendida strada. Abbiamo impugnato la penna (la tastiera, se preferite) con passione e dedizione. Con sacrificio e umiltà. Ricorderò e porterò sempre con me questo anno e mezzo di direzione, per me un’esperienza nuova in tanti anni di giornalismo: stimolante, difficile, dura, una crescita professionale che ho però intrapreso senza indugi, andando a rompere quella che gli esperti chiamano “comfort zone” e che io appello invece nel “vivacchiare”, facendo scorrere le lancette dell’orologio di casa. Quel bimbo che sognava di fare il giornalista, mentre gli altri speravano di fare l’astronauta, il pompiere o il calciatore, ha vissuto il suo piccolo-grande sogno. Ho raccolto tutto il mio passato, l’ho gettato nel presente.

Il tempo passa. Non restiamo aggrappati al suo scorrere, rischiamo di trasformarci in quel pallottoliere di chi aspetta gli inverni per desiderare nuovi estati. Viviamo il presente e questo è fatto di una realtà editoriale certo giovane, ma ben strutturata, che ha creato valori e numeri (quelli sono poco contestabili, non sono comprabili, difficile millantarli) in pochissimo tempo, che ha introdotto innovazioni mai viste in questo territorio. Sempre in punta dei piedi, ma con decisione e lungimiranza. La Gazzetta di Siena è diventato uno dei punti di riferimento del panorama editoriale senese.

Siamo arrivati primi in tante occasioni in questi mesi. Senza formule magiche, con un pizzico di fortuna, con una sola bacchetta impugnata: quella del lavoro. Alla fine il segreto di questo piccolo successo è stato solo questo. Semplice. O difficile, a seconda dei punti di vista.

Il capitolo dei grazie. Per avermi fatto vivere quel sogno. Costruito non da solo, perché da soli si vale poco, nulla. A chi mi è vicino ogni giorno, che ha vissuto i giorni di fatica e sacrificio, di lavoro e perfino di dubbi e che è stata fondamentale quando le cattiverie diventavano esagerate. In questa strada ho conosciuto un imprenditore capace e sempre positivo, un mago della pubblicità come Fabrizio Barbagli e un imprenditore dalle intuizioni geniali come Antonio Degortes, con il quale abbiamo condiviso più strade e con il quale mi vanto di avere un’amicizia sincera e schietta. Solo due lucidi pazzi come loro avrebbero potuto pensare di fondare un giornale in piena pandemia. Scommessa vinta. Un grazie a Luca Barbagli, altro genio della tecnologia, che mi ha insegnato come niente sia impossibile. Vorrei ringraziare tutti quelli che hanno condotto trasmissioni, tutti quelli che hanno collaborato e scritto fin dall’inizio, ma sono tanti e rischio di dimenticare qualcuno. Me ne dorrei. Mi sia dunque permesso di citare due persone per tutti: Arianna Falchi ed Eleonora Mainò, vicine dentro e fuori alla redazione. Sono valori aggiunti di questa struttura, come lo sono tutti i membri (vecchi e nuovi) della Gazzetta di Siena, da chi fa rubriche a chi bussa alla porta di chi ha deciso (e che ringrazio, sono tanti anche loro, segno che qualcosa di buono è stato fatto e riconosciuto) di sostenerci in questi mesi. Lascio tutto questo a Silvia Sclavi, giornalista esperta e capace, che so che saprà condurre con rotta sicura questa navigazione perigliosa.

Ho lasciato per ultimo il grazie ai lettori, che ci hanno seguito prima con curiosità, poi con affetto e dedizione. Il grazie più grande: viviamo per loro e con loro.

Non ho e non ho mai avuto la pretesa di insegnare niente, mi sono soltanto messo a disposizione. Alla redazione lascio soprattutto una piccola-grande eredità: la cultura del lavoro, umiltà, dedizione, passione e voglia di imparare. Sempre e comunque.

E rispetto, anche dei colleghi. Cosa che, a volte, è mancata nei nostri confronti. Non importa. Abbiamo dato noia, come si dice, lo capisco. Un grazie va anche, infatti, a chi ci ha criticato. Aspramente e in maniera oggettivamente esagerata. Chi lo ha fatto costruttivamente, però, ci ha dato una grande mano, ci ha aiutato (e non poco) a migliorare, perché errori e sconfitte sono inciampi che è quasi doveroso fare per qualificare il proprio percorso. Chi lo ha fatto con pregiudizi (alcuni assurdi, peraltro, ma sappiamo come sia questo “paesone”) ci ha dato anche più forza ed è lui inciampato nei numeri che siamo, tutti assieme, riusciti a mettere insieme e che hanno spazzato via, senza se e senza ma, qualsiasi pre-giudizio su questo o su quello. Una dedica particolare, infine, a quella persona che qualche tempo fa disse “non può fare il direttore, non ha il carattere, deve crescere”. Quasi quattro milioni di visualizzazioni in un anno, un sito nato in pandemia e in un panorama oggettivamente già variegato si è ritagliato in pochi mesi uno spazio riconosciuto e importante e che ha portato una ventata di innovazioni assolute. Forse sono cresciuto. Bacioni, come si dice adesso.

C’è un piccolo vantaggio, forse, in questo arrivederci, perché non mi piace parlare di addio. Riprenderà a funzionare il mio blog personale, naturalmente in maniera “istituzionale” e asettica, visto il mio nuovo ruolo. La voglia di riportare pensieri e impressioni in parole, però, posso fin da adesso dire che rimarrà immutata e per me sarà quasi impossibile non scrivere niente.

Vi lascio in ottime mani. Buona domenica e buona vita. Io sono sempre fiero del mio sognare. Viva la Gazzetta di Siena.

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