Purgatori, un grande del giornalismo (e uno scambio di messaggi)

Una brutta notizia per il giornalismo (qui) la scomparsa di Andrea Purgatori. L’ho apprezzato come professionista, come sceneggiatore e autore e ultimamente lo seguivo con grande interesse su La7: il caso Orlandi, il mostro di Firenze e tanto altro nella sua “Atlantide”. Il primo apprezzamento, per la verità, su per “Il muro di gomma”, film sul caso Ustica, scritto da Purgatori con altri autori: del resto quello del 27 giugno 1980 è stato un giallo a cui il giornalista ha lavorato tantissimo, forse più di tutti, anche ultimamente con una approfondita puntata della stessa “Atlantide”.

Il giornalismo odierno (e quello italiano, soprattutto) è un marasma intriso di politica e di giudizi di parte, di mancanza di competenze e di criticità che tutti giudicano, ma nessuno vuole affrontare. Un dialogo fra sordi, che certo questo blog e questo post non possono esaminare e soprattutto risolvere. Sul giornalista scomparso mi limito, dunque, a dire che la sua chiarezza e il suo livello di cultura, uniti alla capacità di approfondire con inchieste giornalistiche appropiate, erano poco comparabili con altri professionisti attuali. Non ho le conoscenze (e le competenze) per dire molto altro: mi limito a “giudicare” (si fa per dire) da umile (ex) cronista di provincia. Sicuramente qualcuno dirà, conoscendo il popolo tricolore, che era troppo comunista o troppo fascista.

Ricordo, però, che ormai molti anni fa ebbi un bello scambio di messaggi con Purgatori, che sono riuscito a ritrovare e che conservo con gelosia da allora. Erano i giorni successivi al mio esame da giornalista professionista, ormai molto in là nel tempo. “Ti volevo fare i complimenti per preparazione all’esame e sono completamente d’accordo con te sulla questione camuffamento-giornalismo. Purtroppo il sistema dei media italiano è un tale groviglio che Striscia la Notizia, le Iene e compagnia sono più legittimate di “noi” giornalisti. Senza contare che, con tutto il rispetto, ho appena fatto un esame in cui non si è quasi mai minimamente parlato di precariato, difesa dei free – lance e compagnia bella, anzi brutta. Saluti e scusa dello sfogo”. La risposta fu immediata e mi sorprese anche per la tem,pistica così ridotta (“Figurati – ricordo che pensai – se ha il tempo e la voglia di rispondere a un neo professionistica di periferia”). “Ce ne vorrebbero di sfoghi così. se hai tempo e voglia vatti a vedere al cinema Fortapasc, che ho scritto per Marco Risi. lì c’è una tirata sui giornalisti-impiegati che ti piacerà. Un abbraccio e grazie. Non mollare, eh…”.

Prendo in prestito (mi perdonerà) il commento su Facebook della collega (mi perdonerà anche questo) Rosamaria Aquino, più brava di me a dipingere un quadro con le parole: “Non dimenticherò mai a Fiuggi, nel corso propedeutico all’esame di Stato (2009 o giù di lì) la sua lezione, decisamente fuori dagli schemi…. Quasi una sorta di sfogo che ci lascio’ a bocca aperta. Cosa era diventato il giornalismo, cosa gli editori, quali i loro veri interessi in campo (quasi sempre fuori dall’editoria pura) e quindi quale libertà per chi faceva inchiesta, per chi voleva solo dare le notizie, onestamente, tanto da fargli dire: sono molto più libero oggi che scrivo fiction che non in un giornale. Silenzio. Facevo questo lavoro da pochi anni, in una redazione locale e mi stupì che le stesse dinamiche succedessero a livello nazionale. Ragazzi più o meno giovani ti guardavano attoniti, ma non eravamo lì per dire che il giornalismo era la chiave per la verità? Proprio tu che sei il simbolo dell’inchiesta su Ustica sei così disilluso? E invece ci avevi dato una grande lezione, su quello che avremmo vissuto dopo quell’esame, nelle redazioni. Anche se la lezione più grande è stata vederti essere e fare ancora il giornalista, nonostante tutto. Ciao”.

Io non ho mollato (o forse si…), ma da allora è cambiato poco. E quel poco è cambiato in peggio.

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