Il problema di Elkann non sono (solo) i giovani, ma la grammatica

Ho letto con curiosità (la mattina stessa della sua uscita) l’articolo vergato su “Repubblica” da Alain Elkann. Tralascio ogni commento sul perché il giornale di Exor dovesse ospitare un articolo del padre del padrone, l’Ita(g)lia è questa. Ci sarebbe di che dire, ma mi fermo.

Potrei tralasciare anche qualcosa sul contenuto, eccessivamente classista rispetto a una realtà che pur andrebbe affrontata, ma non certo con un “pezzo” cosi odorante di radical chic o, peggio, puzzolente di separazione sociale quasi in stile segregazione Usa. Se le giovani generazioni di oggi hanno qualche passaggio a vuoto dal punto di vista culturale (e sottolineo il “se”, visto che non sono un Crepet in grado di giudicare), tali vuoti andrebbero colmati non certo attraverso delle ramanzine sparate dall’alto di una pseudo cattedra di chi non ha mai avuto problemi ad arrivare a fine mese, a studiare nelle miglioni università o, per dirla alla maniera popolare, ha avuto sempre un bel piatto di pappa scodellato e riscaldato. Bensì attraverso un’attenta analisi sociale e sociologica, sempre a rischio di caduta in quella divisione sociale per cui il “matusa” narra dei bei tempi che furono, scordandosi che quei tempi erano belli perché egli aveva quaranta anni di meno e non perché si stesse necessariamente meglio. Mi viene in mente sempre la frase che, nella mia città, qualcuno verga in mezzo a una qualsiasi discussione: “A Siena si lasciava la chiave nella toppa”, alla quale mi diverto ormai sempre a rispondere: “Ci credo, non c’era niente da rubare, nella speranza (vana) che qualcuno rifletta sul sopracitato “tempo che fu”.

La questione è che Elkann non ha dimostrato solo qualche piccolo problemino di rapporti sociali. Ha dimostrato di non conoscere la grammatica. Cosa che non è (lo ammetto) facile avere nel proprio bagaglio culturale, in ogni sua piega e perfino cavillo: anche il sottoscritto ogni tanto (spesso) annaspa e si deve fermare a capire la consecutio di una frase. Conoscere il giusto posizionamento delle virgole, tuttavia, è un po’ come saper scrivere, quando ci vuole, “ha” con l’ “h”. Da Elkann non ci si aspetterebbe, ordunque. Del resto, però, il mondo (del giornalismo) è pieno di chi crede di essere la reincarnazione di Montanelli e invece, come a volte mi diverto a ripetere, alle Badesse non sanno manco chi sia.

I giovani non lo hanno salutato alla sua uscita dal convoglio, ahimé. Ce ne faremo una ragione. Sarebbe stato simpatico lo avessero salutato con un presente: un manuale di grammatica. Certo, sarebbe stato altrettanto simpatico se Elkann avesse utilizzato le colonne del “suo” giornale (o, comunque, di quello di famiglia) per descrivere, in maniera più simpatica e meno autoritaria, una scena a cui molti di noi sono abituati. Uno dei problemi del “potere” è (forse) questo: si usa come una clava.

Questa voce è stata pubblicata in News e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento