E’ il calcio, bellezza (ma anche no)

Il calcio ha la memoria corta. A pagare sono gli allenatori. Più semplice mandare via un allenatore che dieci giocatori. Serve una scossa. E via dicendo, tutta una serie di stereotipi, più o meno veritieri, che mi sono venuti in mente quando ho letto dell’esonero di Michele Mignani (qui) dalla panchina del Bari.

Al di là dell’affetto (per quanto compiuto dentro e fuori dal campo in città) e della stima (per professione e competenza) per l’ex capitano e allenatore della Robur, mi ha colpito l’ingratitudine. Mignani al primo colpo ha portato il Bari in serie B dopo gli anni di caduta (fallimento nel 2018) e tentativi andati a vuoto, anche con la nuova proprietà della Filmauro (leggi: De Laurentis). In una piazza complicata, con pressioni di un certo tipo e che definire “calda” significherebbe pescare dagli stereotipi di cui sopra.

Certo, l’andamento della squadra in questo inizio di stagione non è stato dei migliori, ma in pochi sottolineano che la squadra che ha perso la serie A per un minuto lo scorso anno è stata di fatto smantellata. Insomma, un po’ come avviene nella società “civile”: poco equilibrio, va avanti la filosofia social del tutto e subito, o quasi.

Del resto, a Siena non siamo da meno. Abbiamo contestato Mignani, ma se andiamo indietro nel tempo non abbiamo risparmiato Lippi e Conte e se andiamo più avanti abbiamo cacciato a pedate Gilardino (in piena zona play off in C), poi vincente con il Genoa da subentrato.

Capisco che, tanto per utilizzare anche io i suddetti luoghi comuni, il calcio dipenda soprattutto dai risultati, ma un minimo di costruzione e di lungimiranza, pur con un occhio alla classifica, non guasterebbero. Non credo che il Bari potesse incorrere in pericoli di sorta se avesse aspettato i frutti del alvoro di Mignani (e Vergassola). Tant’è.

Ps: sul blog sono in “cottura” alcuni articoli, fra il personale e la materia giornalistica. Abbiate fede e pazienza…

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